Il futurismo si delineò subito come movimento eversivo, antiborghese, ispirato al rifiuto di ogni forma di arte tradizionale e all’esaltazione della civiltà industriale, delle macchine, della velocità, intesi come caratteristiche e valori della società del futuro.
Consapevole dell’irreversibilità del processo di industrializzazione in corso nella società, non solo italiana, e delle conseguenti trasformazioni sociali ed etiche che ne stavano derivando, intendeva assecondare e amplificare il processo di rinnovamento, estendendolo a ogni campo della cultura e della vita contemporanea. Il futurismo diede i risultati migliori nelle arti figurative, con personaggi del calibro di Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini, Luigi Russolo. Tuttavia, anche in letteratura, con Filippo Tommaso Marinetti, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Luciano Folgore e Paolo Buzzi, l’incidenza del movimento fu significativa perché contribuì a svecchiare la cultura italiana e ad aprirla alle suggestioni internazionali, in particolare quelle della poesia simbolista francese, che proprio attraverso il futurismo avrebbe più tradi influenzato la corrente poetica più importante del primo dopoguerra italiano, l’ermetismo.
Il movimento si sviluppò in due fasi temporali: quella “eroica”, la più interessante sotto il profilo letterario e artistico, dal 1909 alla prima guerra mondiale e la seconda fase, dal primo dopoguerra alla morte di Marinetti nel 1944, che fu caratterizzata dal ripiegamento del movimento verso posizioni tradizionaliste e dall’adesione al fascismo: l’esaltazione della macchina e della velocità si tradussero nell’esaltazione della violenza, della guerra – unica igiene del mondo – e dell’imperialismo fascista. Lo stesso Marinetti, che aveva predicato la distruzione dei musei e delle accademie, nel 1929 accettò di diventare accademico d’Italia.
Certamente influenzato dal pensiero di Bergson e di Nietzsche, per lo slancio vitalistico e l’importanza attribuita all’intuizione, il futurismo fu l’ultimo movimento culturale italiano a esercitare un influsso significativo anche al di fuori dell’Italia: in Francia fu vicino all’esperienza futurista il poeta Guillaume Apollinaire, in particolare per le raccolte Alcools (1913) e Calligrammi (1918), dove compaiono esperimenti di poesia visiva. Più tardi anche i dadaisti e i surrealisti, tra i quali soprattutto Tristan Tzara e André Breton, condivideranno con i futuristi la teoria delle “parole in libertà” e la valorizzazione del discorso analogico.
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